I detti popolari a volte dicono il vero e a volte no. Oppure li dicono entrambi? Io credo che quest’ultima opzione sia quella che più li rappresenta. Dipende, come per tutte le cose, dal punto di vista che scegli di adottare.
“Chi di speranza vive disperato muore”. La parte vera è che se resti seduto ad aspettare che le cose ti cadano davanti ai piedi, senza che tu muova un dito per farle arrivare, hai davvero poche probabilità di ottenere ciò che vuoi. La parte falsa è che questo detto ti porta a credere che la speranza sia una cosa totalmente inutile. Ma non è affatto così.
Chi non è in grado di sperare è una persona che avrà, molto probabilmente, un livello di motivazione estremamente basso. avrà perso qualcosa di grande nella vita? Non crede che sia in grado di raggiungere quell’obiettivo? Si, forse, o forse altro ancora. Resta il punto che quella persona ha deciso di non credere che sia possibile ottenere quel risultato. Non ha speranza nel fatto che un giorno possa trovare un lavoro migliore. Non spera che la pandemia possa finalmente terminare, non spera. Non crede.
La persona che non crede in una cosa metterà in atto una serie di comportamenti che vanno nella direzione opposta, ottenendo così risultati che confermano che “avevo proprio ragione a non crederci”. Il problema è che non si rende conto che il suo “non sperare” è entrato a far parte del gioco, è diventato una “profezia che si auto avvera”.
Ma allora, come e quando è utile sperare? Perché essere ottimista dovrebbe apportare beneficio alla mia vita? Soprattutto, cosa sono davvero la speranza e l’ottimismo?
La speranza può essere definita come “uno stato di motivazione positiva, basato su tre componenti, ovvero obiettivi da raggiungere, strategie per il raggiungimento degli obiettivi e motivazione a raggiungerli” (Snyder e al., 1991).
L’ottimismo, invece, può essere indicato come “la tendenza a credere che si possano raggiungere dei risultati positivi, piuttosto che negativi (Scheier e Carver, 1985).
Sono state svolte delle ricerche scientifiche che dimostrano perché è davvero utile avere queste due caratteristiche e come vanno usate per far sì che diano davvero degli effetti sperati.
Perché ci possa essere ottimismo, è necessario avere un’aspettativa positiva nei confronti del futuro (Carver e al., 2010). L’ottimismo determina nell’individuo degli atteggiamenti proattivi finalizzati alla protezione della sua salute, cosa che non si verifica nel soggetto pessimista (Carver e al., 2010).
Nell’ambito dell’ottimismo, gli eventi stressanti e la loro durata rivestono sicuramente un ruolo fondamentale. Quando gli eventi stressanti sono di breve durata (meno di una settimana) l’ottimismo funge da barriera protettiva nei loro confronti (Cohen e al. 1999; Segerstrom 2005). Quando i fattori stressanti sono di lunga durata, invece, anche le persone ottimiste diventano immunologicamente più vulnerabili.
Quando ti chiedi se essere ottimisti è davvero efficace, ripensa a questa cosa. Se nell’analizzare la tua situazione di vita non tieni conto anche del contesto in cui ti trovi e, soprattutto, del fattore tempo in cui sei esposto ad esso, la tua analisi sarà per lo più sbagliata e/o incompleta. Quando tieni conto, invece, anche della situazione in cui ti trovi e delle sue caratteristiche, anche temporali, potrai elaborare una strategia migliore che non ti porta a risultati totalmente negativi.
In generale, gli studi mostrano che chi è pessimista ha una salute fisica più scadente, una tendenza maggiore a soffrire di depressione, un incremento dei fattori di rischio relativi alla mortalità, condizioni che non sembrano riguardare le persone ottimiste, che vivono più a lungo e hanno una migliore qualità della vita (Urcuyo e al., 2005).
Il pensare positivo ma in modo realistico va sotto il nome di ottimismo flessibile (Seligman, 1990), nello specifico: “a capacità di scegliere il modo in cui esaminare le avversità, l’essere in grado di sapere in quali circostanze è opportuno avvalersi del pensiero ottimista senza per questo abbracciare la prospettiva di un cieco ottimismo”.
L’ottimismo flessibile può essere allenato e potenziato, in modo che sia il più possibile aderente con la realtà e produttivo per chi è in grado di utilizzarlo.
Per concludere, diversi studi hanno messo in evidenza l’impatto positivo che la speranza e l’ottimismo, fra i costrutti fondamentali della psicologia positiva, hanno sulla salute fisica dell’individuo (Schiavon, Marchetti, Gurgel, Busnello e Reppold, 2017).
Per tutti questi motivi i Percorsi di crescita personale di YourPsy sono basati anche sui concetti scientifici di speranza e ottimismo flessibile.
Ricorda: il pensiero positivo non è un pensiero magico, è un modo intelligente di organizzare i propri pensieri in base al contesto in cui ti trovi e agli obiettivi che vuoi raggiungere.
Voglio terminare questo articolo aggiungendo un detto che vada a bilanciare quello che ho usato nell’introduzione. Perché l’equilibrio si raggiunge non eliminando la parte negativa di qualcosa, ma integrandola con il suo lato positivo che, in ogni caso, è e sempre sarà presente, basta solo cercarlo: “La speranza è l’ultima a morire”!
Articolo di Mirko Ventoso